giovedì 23 dicembre 2010

E voi, chi dite che io sia? (Lc 9, 20)

Dato il rischio di censura diffondo!

LETTERA DI NATALE 2010


Premessa

Il desiderio di continuare, approfondire, ampliare gli incontri, le relazioni e il dialogo ci sollecita, anche quest’anno, a Natale, a comunicare pubblicamente alcune nostre riflessioni, dato che siamo coinvolti nelle storie di tante persone. A dialogare, in questo tempo presente particolarmente complesso e difficile, con voi riguardo alla presenza determinante di Gesù di Nazaret nella nostra vita di uomini e di preti. Il nostro cercare di diventare ogni giorno cristiani si riferisce a Lui, nel tentativo di essere coerenti al seguito della sua persona e del suo insegnamento. Il rapporto con Lui ci spinge a incontrarlo negli altri, in chi è affamato, assettato, nudo, ammalato, in carcere, forestiero. L’incontro con le persone ci sollecita a incontrare Lui continuamente per riceverne luce, forza e sostegno.


Laicità di Gesù

Gesù ci affascina profondamente a cominciare dalla sua nascita in modo misterioso da Maria, ragazza semplice appartenente al popolo povero di Nazaret. Ci colpisce il suo venire al mondo in un luogo anonimo: Maria e Giuseppe non erano stati accolti!

Ci impressiona la laicità di Dio, che non pretende luoghi speciali, spazi sacri, templi religiosi; e nemmeno di essere ricevuto da persone considerate importanti dalle autorità culturali, politiche, militari e religiose che nemmeno si accorgono della sua nascita a differenza dei pastori, gente ai margini della società (Lc 2,1-21). Testimoniare in modo credibile la sua nascita a Betlemme comporta semplicità, libertà da ricchezze e privilegi, da solennità e apparati religiosi, da legami con il potere.

Ci coinvolge in profondità la riflessione sull’esilio in Egitto a cui la giovane famiglia è costretta: immediato è l’accostamento ai milioni di profughi nel mondo; ai volti, ai nomi, alle storie incontrate in questi anni e tuttora presenti nelle nostre comunità a causa degli Erodi del tempo presente e dei loro regimi militarmente violenti e dittatoriali (Mt 2,13-15). La vita discreta della famiglia di Nazaret ci chiama a riflettere, dopo il rientro dalla terra straniera, sulla partecipazione alle tradizioni popolari non in modo formale, ma dentro a relazioni serene e incontri significativi.

Ci interpellano la concretezza e il mistero di tanti anni vissuti da Gesù nella casa paterna in semplicità, nella sobrietà e nel lavoro, con sensibilità, fede profonda, disponibilità e relazioni significativamente amicali (Lc 2, 22-52). L’immersione nella quotidianità ci porta ad osservare, con gli occhi del cuore, l’amore, l’amicizia, la disponibilità di tante donne e di tanti uomini, di tanti giovani che nel nostro tempo formano la struttura portante della comunità e dell’intera società.


Gesù in mezzo alla gente

Ci sorprende e ci affascina la comparsa di Gesù sulla scena pubblica, sulla riva del Giordano in mezzo alla folla che attende il battesimo del profeta Giovanni - poi martire - senza immunità e privilegi, senza alcun segno distintivo (Mt 3, 13-27). Con questa scelta programmatica Egli ci dice dove Dio si rivela e sta: in mezzo, coinvolto, partecipe, non lontano, non al di sopra, non laterale, non indifferente. E così chiama anche noi a stare in mezzo, coinvolti, partecipi, schierati con le persone povere e sofferenti, che fanno fatica; anche noi senza nessun segno distintivo, abito particolare, titolo onorifico, ma con l’unico segno della nostra umanità disponibile.


Gesù incontra

Questo Gesù ci provoca continuamente attraverso gli incontri che Egli vive con tutte le persone, proponendo un’attenzione preferenziale a quelle che sono poco o nulla considerate, malate, discriminate, emarginate, abbandonate.

L’attenzione accogliente dei bambini trascurati (Mt 19, 13- 15) diventa oggi il nostro impegno a salvaguardarne il diritto alla vita, agli affetti, all’istruzione, al gioco, alla serenità, liberandoli dalla condizione di schiavitù lavorativa, da quella sessuale, da quella delle armi, mentre siamo tenuti a sostenerne e favorirne i sogni, le qualità e le potenzialità.

L’attenzione e la tenerezza di Gesù nei confronti delle donne sono straordinarie e rivoluzionarie in quel contesto sociale, culturale e religioso. Parla con loro, le avvicina –come con la suocera malata di Pietro- e si lascia toccare e accarezzare i piedi da una donna, la prostituta; supera con le sue parole e i suoi gesti semplici le discriminazioni e le sottomissioni, i tabù, le impurità legate al sangue (Lc 8, 43-48). Aiuta in particolare alcune di loro, come Maddalena, a liberarsi da difficoltà e tribolazioni comunicando fiducia, speranza e incoraggiamento. Saranno loro le prime annunciatrici di Gesù Risorto, vivente oltre la morte.

Questi incontri di Gesù di Nazaret provocano la società ad una considerazione molto più umana della donna, liberata da strumentalità, volgarità e da continue e impressionanti violenze a cominciare dalle realtà familiari, dalla condizione di schiavitù e di sfruttamento sessuale. Per la Chiesa questi incontri dovrebbero stimolare ad un’autentica valorizzazione della differenza di genere e favorire la presenza delle donne, il loro protagonismo, le loro decisioni, la possibilità di svolgere diversi ministeri, come avviene ad esempio nelle Chiese Evangeliche. Siamo commossi quando riusciamo a mettere in relazione gli incontri di Gesù con le persone ammalate nel corpo, nella mente, nell’anima, e i nostri incontri quotidiani con le stesse persone: paralitici, sordi, muti, ciechi, sofferenti psichici, oggi anche ammalati di cancro, di aids; persone angosciate e disperate.

Gesù ci rivela il Dio che vive la compassione, che partecipa, accoglie, guarisce, incoraggia (Mt 15, 29-1). Le sue parole e i suoi gesti ci coinvolgono nell’attenzione, nella premura e nella cura delle persone chiedendoci umanità e competenza con investimenti economici adeguati a rispondere alla loro dignità, riconvertendo ad esempio le spese militari in opere sociali di giustizia. Ci affascinano e commuovono gli incontri del Maestro con le persone scomunicate dalla legge, dal tempio e dalla sinagoga, condannate a morte come l’adultera portata davanti a Lui sul piazzale del tempio (Gv 8, 1-11). Egli accoglie, ascolta, perdona, infonde fiducia e speranza per il futuro: radicale nelle proposte e insieme attento, premuroso e misericordioso con le fragilità delle persone, delle loro storie, delle loro diversità. Un atteggiamento difficile da seguire nella società e nella Chiesa dove moralismo e atteggiamenti punitivi sembrano spesso prevalere. Gesù si sdegna e si esprime con durezza solo nei confronti di coloro che si presumono giusti (Lc. 18 9-14) e vivono l’ipocrisia dell’ostentazione, del potere religioso e politico per coprire ingiustizia, oppressione e corruzione: “Guai a voi!” (Mt 23, 13-36).


Gesù insegna

E ancora ci affascina l’atteggiamento di Gesù con la gente del popolo, disprezzata dalle classi dirigenti. Gesù è un laico, non un sacerdote, non un rabbino: il suo insegnamento proviene dall’intima comunione con il Padre e lo Spirito. Sta in mezzo e insegna non una dottrina, bensì un modo di essere, di sentire, di relazionarsi. Rivela un Dio che è Padre a cui rivolgersi con semplicità, affetto, confidenza e fiducia (Lc 11, 1-13). Insegna che la legge è fatta per l’uomo (Mc 2, 21-28), che è a protezione dei deboli; se invece garantisce soltanto il più forte è da cambiare, come insegna don Lorenzo Milani nella scuola di Barbiana.


Gesù il potere e il denaro

Insegna con le sue parole e con le sue scelte che il potere nella società, nella politica e nella Chiesa deve essere inteso solo come servizio alle persone e al bene comune (Mt 20, 20-28). Pensiamo al mondo, all’Italia di oggi e a coloro che usano il potere con arroganza, illegalità, corruzione, violenza, razzismo e si dichiarano cristiani mentre si vantano di promuovere e difendere questa identità. Pensiamo anche al potere esercitato nella Chiesa quando si decide dall’alto, non si ascolta, non ci si confronta, non si dialoga, in nome dell’autorità e di un’obbedienza dovuta all’istituzione religiosa piuttosto che al Vangelo.

Gesù insegna a liberarci dall’ossessione del denaro e dei beni, perché il senso della vita non dipende da essi (Lc 13-21). Dichiara iniqua ogni forma di ricchezza quando non è condivisione ma accumulo di beni sottratti ai fratelli; ne derivano, per il presente, una critica radicale al capitalismo e al materialismo che impoveriscono e, di conseguenza, una richiesta incessante di giustizia, uguaglianza e condivisione (Mt 14, 13-21).

Le sue parole e i suoi gesti ci insegnano in modo chiaro e definitivo la nonviolenza attiva e l’impegno per la pace, la liberazione dall’inimicizia: “Beati i non violenti e quelli che diffondono la pace”: sono figli e figlie di Dio (Mt 5, 5 .9). La produzione e il commercio delle armi, la giustificazione delle guerre, i cappellani militari, i funerali religiosi di stato in cui le parole dei celebranti sono scandalosamente simili a quelle dei Ministri della difesa; il recente stanziamento delle commissioni di difesa della Camera e del Senato di quasi un miliardo di euro per gli armamenti; le armi atomiche custodite, forse anche aumentate nel numero, nella nostra terra, nella base Usaf di Aviano, ci appaiono quali ripetute ferite al Vangelo della pace.

La verifica della fede in Lui non è l’ortodossia dottrinale, bensì la disponibilità a incontrarlo nell’uomo sofferente, colpito, gemente sul ciglio della strada, simbolo concreto di ogni persona che fa fatica (Mt 25, 31-46). Sono diverse le reazioni alla sua persona, alle sue parole e ai suoi gesti: favore popolare, folle acclamanti poi perplesse e distanti, critiche progressive delle autorità politiche e religiose, fino a essere considerato insopportabile, per il suo amore incondizionato, l’appello alla conversione, al cambiamento del cuore, della mente, delle relazioni, delle istituzioni, della politica, della religione.


Gesù provoca

Gesù di Nazaret è un rivoluzionario politico?
Non secondo gli schemi e i criteri consueti, ma nel senso più profondo e completo lo è più di ogni altro. La sua critica ai potenti è evidente proprio perché continua è la sua difesa delle persone umiliate. Seguirlo significa operare le stesse scelte nella società e nella Chiesa di oggi (Lc 26, 20-26).

E’ un operatore di pace e di solidarietà?
Non secondo gli schemi e i criteri comuni, ma nel senso più profondo e completo lo è più di ogni altro. Seguirlo significa operare le stesse scelte nella società e nella Chiesa di oggi (Lc 10, 25-37).

Gesù di Nazaret è religioso?
Si realizza uno scontro aperto tra Lui, l’Uomo della fede e i sacerdoti della religione, tra il Figlio della libertà di Dio e i gestori del potere religioso e del suo legame con il potere politico, economico e militare (Mt 26, 57-68). Dio, il Padre con cui è in continua confidenza, non benedice di certo la situazione esistente; un mondo così non è per nulla organizzato secondo il cuore e il progetto di Dio, non è parte del Regno di Dio. Il Dio di Gesù è completamente alternativo al dio del Tempio e agli dei dell’impero: l’unica sua legge è quella dell’amore: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13, 34).

E cosi oggi ci si dovrebbe, con decisione, liberare dalla tentazione di politeismo presente nella Chiesa, perché ci si riferisce a diversi dei: dei poteri, dei templi, degli eserciti, dei razzismi, delle mafie. È urgente ritrovare in modo chiaro e autentico il Gesù dei Vangeli che ci rivela in modo chiaro il volto di Dio: umanissimo e solidale. Seguire questo Gesù significa per noi non essere funzionari della religione, ma uomini e preti a servizio delle persone.

Partecipiamo con commozione alla sua vita quando parla, quando comunica, quando stringe le mani, quando accarezza, quando si sdegna e si arrabbia, quando mangia, quando è stanco e dorme, quando gode dell’amicizia e dell’ospitalità, quando piange per la morte dell’amico e quando gli scendono lacrime di tristezza di fronte alla città che non ha capito e ha rifiutato il messaggio di pace. Proprio questa straordinaria umanità ci rivela il volto di Dio. E ancora quando è tentato di percorrere la strada facile del consenso e del successo; quando manda all’aria i tavoli dei cambiavalute nell’atrio del tempio; quando si ritira solo a pregare durante tutta la notte in dialogo intimo con il Padre (Lc 6,12).

Lo sentiamo come amico profondamente vero, autenticamente umano come nessun altro, perché Egli continua ad incontrare tutte le persone nella loro umanità: sole, sposate, separate e divorziate, disabili, immigrate, omosessuali, carcerate, rinchiuse nei centri di identificazione ed espulsione -come a Gradisca di Isonzo- prostitute; persone attive e serene, angosciate e disperate, tutte con uguale accoglienza e comprensione. Da Lui può derivare solo la Chiesa dell’accoglienza, delle porte aperte, senza pregiudizi e discriminazioni per nessuno (Lc 15, 1-32).


L’ora del dolore

Partecipiamo alla sua desolazione nel Getsemani, all’agonia e alla tristezza infinita nel provare l’abbandono, il vuoto, il fallimento; la paura della violenza e della morte; il suo affidarsi al Padre, per fedeltà e coerenza.

Gli stiamo vicini nell’ora del processo, della condanna, della tortura e dello scherno, e lo vediamo in mezzo alla moltitudine dei condannati e dei torturati di tutti tempi, sotto tutti i cieli, vittima fra le vittime (Mc14, 27-15, 36).

Lo accompagniamo nel tragitto al luogo dell’esecuzione capitale, partecipando al dolore di ogni esistenza colpita, ferita, abbandonata. Lo contempliamo con sofferta meditazione e commozione sulla croce che scorgiamo collocata in mezzo alle innumerevoli croci delle persone e dei popoli crocifissi (Mc 15, 21- 41).

Come ci parla il pastore D. Bonhoeffer, in Gesù crocifisso Dio si rivela impotente nel mondo e, proprio per questo, pienamente e definitivamente solidale con noi, per questo suo amore incondizionato. L’abbandono drammatico che Gesù sperimenta esige l’affidamento a Dio proprio nel momento dell’interrogativo sulla sua presenza o assenza.

Una profonda commozione di fronte a Gesù Crocifisso e, di conseguenza, tristezza e sdegno, ci investono per come viene usato strumentalmente da una religione etnicizzata per contrastare e attaccare le persone diverse per cultura e fede religiosa che vivono con noi. Egli che ha dato la vita per gli altri viene volgarmente utilizzato per negare la vita degli altri.


L’ora della speranza

L’amore non può essere chiuso in un sepolcro. “Dio l’ha fatto risorgere liberandolo dal potere della morte” (At 2,24). E’ l’incontro con Lui Risorto, vivente oltre la morte che ci comunica forza interiore, coraggio, speranza nel tempo della tribolazione, della prova, della delusione e dello smarrimento, come ha comunicato alle donne e agli uomini di quel tempo (Lc 24, 15-35).

E ciò nella quotidianità della vita e della storia, oggi come allora: in una stanza, in un cimitero, in riva al lago, per le strade, in carcere, in ospedale, nelle scuole, nelle fabbriche, nelle comunità di accoglienza.

Come sulla strada di Emmaus, cosi anche oggi è fondamentale la sua presenza, sempre da riscoprire, sempre da riconoscere, parola profonda che comunica luce, forza interiore e speranza; concretezza nella condivisione fraterna del pane, di quanto necessario per vivere con dignità.

Riferirci a questo straordinario Gesù di Nazaret provoca continuamente un coinvolgimento profondo della nostra vita di uomini e di preti.


Conclusione

Per noi, per la Chiesa, seguire Gesù e il suo Vangelo comporta conseguenze evidenti nelle scelte della vita, nelle relazioni con le persone, con il denaro e i beni, nella concezione e nella pratica del potere, delle leggi, della cultura, della democrazia, dell’economia, dei rapporti con il creato. Egli comunque continua a comunicare: tante persone in modo implicito ed esplicito lo seguono riconoscendolo come Maestro per eccellenza e sentendolo vicino, umano, amico.

Anche noi osiamo sentirci fra questi: provocati e confortati da Gesù, il Figlio di Dio.


I preti: Pierluigi Di Piazza, Mario Vatta, Antonio Santini, Franco Saccavini, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Alberto De Nadai, Andrea Bellavite, Luigi Fontanot, Albino Bizzotto.

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